L'IMPORTANZA di ESSERE – Codice Otto

Homo sum, humani nihil a me alienum puto. Un viaggio nell’essere umano, dal corpo alla mente, dalla fantasia alla realtà, attraverso considerazioni e riflessioni di vita vissuta, osservazioni di sè e del mondo circostante secondo il credo ”l’occhio vede ciò che la mente conosce”.


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L’enorme bisca


La sicurezza di un lavoro a tempo indeterminato è un miraggio per molti, per troppi giovani e meno giovani – laureati, diplomati, specializzati, operai – il precariato spesso a vita è l’unica forma contrattuale possibile e accettata pur di lavorare, la rassegnata sopravvivenza di chi non sogna e non progetta il proprio futuro ma vive alla giornata con disperante fatalismo è ormai la consuetudine. In questo scenario proliferano modelli di benessere esasperato, incitamento a tentar la sorte con ogni mezzo, inviti a rischiare con una semplice scommessa per il miraggio di un colpo di fortuna che possa cambiare la vita d’emblée, che possa capovolgere il proprio stato senza troppo sforzo né costruzione.

Ed ecco che proliferano giochi, lotterie, scommesse, sistemi, pronostici, e tutti affannati a invocare la dea bendata come unica speranza esistenziale, ritrovandosi poi delusi e disillusi a ripetere e aumentare la propria dose di gioco-droga, giorno dopo giorno, schiavi ormai del sistema e della propria compulsiva autodistruzione.  Riporto il seguente mirabile articolo di Umberto Galimberti che analizza in modo lucido e preciso come il comportamento sia influenzato dall’economia del paese.

“Quando è il denaro a dare valore alla vita”. C’è una complicità inconscia tra il mondo della finanza e i nostri comportamenti?  Umberto Galimberti – D la Repubblica n.806 1 settembre 2012

Aristotele, nell’Etica a Nicomaco, scrive che il denaro non può generare ricchezza perché il denaro non è un bene, ma solo il simbolo di un bene. Questa tesi fu ripresa anche da Tommaso d’Aquino che la tradusse con “pecunia non parit pecuniam”, in ciò confortato anche dall’indicazione che si legge nel Vangelo di Luca (6, 13) dove è scritto: “Mutuum date nihil inde sperantes”: prestate il denaro senza attendere necessariamente la restituzione. E questo in base al principio della carità cristiana.

Nel Settecento, con la nascita dei primi trattati di economia di David Ricardo e Adam Smith, si stabilì che il valore di un bene non consiste nella sua capacità di soddisfare un bisogno (valore d’uso), ma nella sua capacità di scambiarsi con altri beni (valore di scambio). Questa capacità viene decisa da due assi cartesiani: la domanda e l’offerta, dal cui incontro dipende il valore di un bene. Il discorso sembra razionale, anzi addirittura matematico, quindi inconfutabile. Anche se Marx, un secolo dopo, considerava che se il denaro diventa la “condizione universale” per soddisfare i bisogni e produrre i beni, allora il denaro non è più un “mezzo”, ma il primo “fine”,  per conseguire il quale, si vedrà se soddisfare i bisogni e in che misura produrre i beni. A seguito di questo capovolgimento, che i filosofi chiamano “eterogenesi dei fini”, il mercato diventa il grande regolatore della vite umane, contro il quale nessuna rivoluzione è possibile perché, come ci ricorda Hegel, la rivoluzione è praticabile quando in conflitto ci sono due volontà: quella del servo e quella del signore, ma il mercato non ha volontà (sono due assi cartesiani, quindi una formula matematica non turbata da alcuna volontà).

Il mercato e nessuno, anche se il filosofo Romano Madera ci ricorda che “Nessuno, come ci ha insegnato Omero, è sempre il nome di qualcuno”, ma questo qualcuno non è identificabile. E allora con chi possiamo prendercela?

Questo Nessuno, che ignora il monito di Aristotele e anche l’indicazione evangelica (le due fonti: grecità e tradizione cristiana che hanno fondato l’Occidente) porterà al suo tramonto la nostra civiltà, e con l’Occidente, probabilmente tutto il mondo in via di occidentalizzazione, perché se il denaro da valore di scambio diventa il generatore simbolico di tutti i valori, la vita si contrae e si rattrappisce, perché, come ormai è a tutti evidente, ci sono sempre meno condizioni per vivere. E siccome la rivoluzione è impossibile, la cultura del denaro come supremo valore diventa pervasiva e non riguarda più solo la finanza, ma anche il comportamento di tanta povera gente che affolla le tabaccherie per acquistare i biglietti delle varie lotterie, o tentare improbabili guadagni alle slot machines. Rimedi? Non se ne vedono quando un modello teorico (le regole del mercato) diventa così pervasivo da determinare i comportamenti di ciascuno di noi. Siamo diventati complici.”

E’ consequenziale che lo Stato, dopo la lusinga e la seduzione, non abbandoni il sedotto e dunque il Ministero della Salute propone di occuparsi dei giocatori come si occupa di ogni altra vittima di sostanze d’abuso. Grazie, Stato!
Ma prevenire non è meglio che curare?